Verbicaro è a 420 metri d'altitudine e circa 15 km dalla costa, il suo territorio rientra nel Parco Nazionale del Pollino. Fresco e accogliente d'estate, quando accoglie sui suoi pianori i turisti "fuggiti" per qualche ora dalle spiagge, merita una visita in ogni momento dell'anno. Il centro storico, oggi parzialmente disabitato, costituisce per la sua configurazione caratteristica, topografica ed urbanistica, il più significativo documento storico relativamente all'origine del paese. Si può ritenere che il primo nucleo abitato sia sorto in funzione difensiva, quando in epoca medievale, le popolazioni rivierasche, per scampare alla malaria ed alla violenza delle incursioni piratesche e dei Saraceni, durante il periodo bizantino, erano costrette a ritirarsi nel retroterra, in luoghi alti ed impervi, più sicuri e più adatti alla difesa. Si vedono ancora le strutture di un paese rifugio: mura di difesa con tre porte d'accesso all'abitato, le vecchie case una addossata all'altra edificate a difesa e protezione. Il borgo cominciò gradualmente ad espandersi con il crescere della popolazione diramandosi in agglomerati rionali di case nella campagna circostante. Il paese si sviluppò da questo nucleo fino a raggiungere le dimensioni attuali. Il comune oggi conta circa 3000 abitanti, detti verbicaresi. Alcuni storici identificano Verbicaro con l'Aprustum dei Bruzi o con Vergae. Il nome del paese è di origine incerta per le varianti etimologiche; da Vernicaio, così denominato per la chiarezza dell'aria, "a vernante aere dictum", a Bernicaro e Berbicaro, in dialetto Vruvicaru, che potrebbe significare etimologicamente luogo di pastori, dal latino "berbicarius", pecoraio o per la derivazione etimologica dal latino vervex, pecora. Quando si parla di Verbicaro si pensa subito al vino, riconosciuto DOC nel 1995, rinomato in tutta la regione e non solo; si dice che già i Romani, nel periodo d'oro dell'impero, facessero in questi luoghi cospicue scorte di questo prezioso nettare. I famosi "catuvi" (cantine) custodiscono ancora il segreto della sua fermentazione e conservazione. Patrona di Verbicaro è la Madonna delle Grazie festeggiata il 2 luglio, la sera della vigilia partono due cortei: il primo accompagna la statua della Madonna mentre il secondo dà vita alla "Fiaccolata dei zigni", ceppi di legno accesi portati a spalla dai devoti. Il 2 luglio il primo cittadino, accompagnato dalla Giunta comunale, consegna le chiavi della città alla Madonna, legandole al suo braccio, segue la Processione per le strade principali del paese anche quelle coperte dall'infiorata, variopinti tappeti ornamentali preparati durante la notte, la statua della Madonna delle Grazie è la prima a calpestare questi tappeti colorati. Resiste al tempo la tradizione dei "battenti", che fra religiosità e paganesimo, si autoflagellano ogni anno il giovedì santo, precedendo la processione della Passione di Cristo. Sono uomini vestiti di rosso, portano in testa un fazzoletto dello stesso colore e con "u cardiddu", un pezzo di sughero in cui sono conficcate delle schegge di vetro, si percuotono le gambe fino a farle sanguinare. Compiono per tre volte lo stesso giro che percorre la processione, fermandosi davanti alle chiese che incontrano; infine, vanno a lavarsi nella fontana vecchia del paese. Probabilmente tale tradizione muove le sue origini dalle antiche confraternite del medioevo, ma i "battenti" di oggi si flagellano per devozione alla Madonna Addolorata e per la morte di Cristo. Da vedere il Palazzo Marchesale, costruito nella seconda metà del '700 in aderenza all'ala di accesso al vecchio castello, è stata sede per lungo tempo della caserma dei carabinieri; una scritta dipinta sotto il cornicione: "Nicollaus Cavalcanti, de marchionibus terrae Verbicarii, sibi suisque fecit " ricorda che fu costruito da Nicola Cavalcanti, marchese di Verbicaro.